mercoledì 4 aprile 2007


TERZO MARE



Te sola, fra tante ch’io son stata,/ sola te non ricordo quale m’appari/ in questa di me remota immagine./ Così ero? Ancora in specchi non ti miravi,/ sapere non potevo se m’assomigliavi./ E or s’incontrano i nostri sguardi./ Come seria sei, piccina e assorta,/ parrebbe quasi veramente tu vedessi /quella che oggi io sono. (S. Aleramo )



In mondi sconosciuti a ricercarsi,
sulla coda marina d’invernata ribelle,
oltre la carovana dell’onde,
sbirciava la lotta dei venti
con i velenosi oleandri,
nel vortice schiumoso scivolava,
tra le braccia di eterne correnti risaliva.



*



Con le frange alla gonna, in sella a un gabbiano, snobbava l’atlante, atterrava nell’orbe irreale e reale dello spazio mentale. In preda all’inchiostro, viaggiava inebriata nel globo, infine, ubriaca di tanta fantastica trama lisciava la gonna e le frange, in sella a un gabbiano decollava e rientrava nel mondo.

L’attacco contro lo Stato ha raggiunto il suo culmine. Moro rapito dalle Brigate Rosse. Falciati a raffiche di mitra cinque uomini della scorta. Un auto targata CD ha tagliato la strada alla vettura del leader democristiano, poi i terroristi hanno aperto il fuoco. Convocato il Consiglio dei Ministri in seduta straordinaria, rinviato il dibattito parlamentare sulla fiducia al nuovo governo. Rabbia e sgomento nel paese. (edizione straordinaria di “Repubblica” 16 marzo 1978)

Dimenticati per un giorno i guai del Paese. Per Carlo e Diana sposi si ferma l’Inghilterra. 200.000 lire un posto
finestra.( da “ La Stampa” del 29 luglio 1981)



*



Tre ragazze in vestaglia
la sera spiluccavano, al buio,
testi indigesti e vino pugliese.

La bionda aspirava al piacere,
la mora all’amore di un nero,
la rossa a una fiamma soffusa.

Grattavano i muri coi palmi,
rapinavano i giorni
nel vecchio palazzo sul corso.


Stillavo liquori dalle foglie
del mirto selvatico,
con le sue fluorescenze feci ghirlanda
e sulla zolla nuda ramificai vitigni.


Impazzava la luce del giorno,
pesci azzurri sprizzavano
gocce d’argento.

*

Tra i gabbiani intenti a rimestare
nella via angolare
che amoreggia con il sole,

oscillava nell’acqua
ad osservare il marinaio.

Gettate le parole al vento di scirocco,
volava verso oriente,

pane e acciughe bastavano,
a virare a nuove terre.

Mollate le cime, in solitario,
annientava il panico
timore dell’ignoto;

da lei si staccavano pensieri
che in lei tornavano,
puliti dalle onde,
sotto forma di cristalli.

*

Tra gli aghi di pino,
nell’ottobre marino,
un’onda di luce
vagava;

si scaldavano gli arti
al tepore
simile a un talamo,
schiarito dalla brace
racchiusa nei teli;

la luce pulsava, oscillava
a tratteggiare profilo velato;

le labbra si chinavano
attratte dal notturno miraggio
alla bocca sfumata,

come falena che brancola
a cogliere raggio di luce;
non le fu dato raggiungere
l’invisibile traccia

e, sino al prossimo spicchio
di chiaro, riponeva e
ripiegava se stessa.

*

Poi, sul ponte, a prua,
nel porto oltre lo stretto,

di unicità vestita,
nella notte autunnale,

l’ago puntava allo scoglio.

Vibrava la nave che viaggiava nel buio.

Con il suo tutto tornava nell’isola.



Ho una nave segreta dentro al corpo,/ una nave dai mille usi,/ora zattera ora campana/ e ora solo filigrana. (A. Merini)

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