venerdì 6 aprile 2007

SECONDO MARE




L’infanzia ho sotterrato/ Nel fondo delle notti/ E ora, spada invisibile,/ Mi separa da tutto.
(G. Ungaretti)



Il mio paese era senza chiesa, privo di negozi, con quattro palazzi principali dai nomi e dagli stili altisonanti: prima navetta, scoglio di sale, piramide, seconda navetta; aveva una piscina azzurra nascosta da alte rocce e conosciuta solo dai paesani.

D ’inverno, solitaria, vi coglievo alghe d’ogni varietà
e d’estate mi cibavo di patelle; discese scivolose
portavano a raggiungerlo via mare e lì trovavo amici
a volontà .

Lo osservo oggi, ma scorgo solo un arcipelago di
scogli.

Eppure scioglie la lingua al melograno,



deterge l’aria linda isolana,
la inonda di iodio,
permea e modella l’intimo
il vento forte dell’alba buia.

Dietro le bacche ancora verdi
del cespuglio di agrifoglio
fiuto una presenza,
la avverto nei bulbi dei crocus
in procinto di colorare
la grigia stagione.

Rischiarato dal primo raggio,
vedo sorridere il tuo profilo;
non so chi tu sia,
non so dove tu sia,
non so come tu sia,
respiro il tuo odore
e mi rallegro




nella casa del vento, sul tetto marino, dove sale dal
basso il salmastro, dove accanto al faro a forma di
stella scruto a ovest al di là del canale.



*



I genovesi non potranno più ave re nei bar la scorzetta di limone o d’arancia nell’ aperitivo. Una recente ordinanza del sindaco vieta nei pubblici esercizi - bar, ristoranti, osterie, mescite - l’uso di agrumi senza la preventiva asportazione della scorza e l’uso delle scorze in alcune bevande. Motivo del provvedimento: evitare danni alla salute che potrebbero derivare dalla possibile presenza sulla scorza di agrumi di difenile, ortofenilfenolo e altre sostanze chimiche usate per conservare gli agrumi stessi. Per la tranquillità del consumatore è stato precisato che gli agrumi - purché sbucciati - possono essere consumati senza pregiudizio alcuno. (“Pericolosa la scorza di limone nell’aperitivo?”, tratto da “Il Telegrafo” del 1º dicembre 1963)



*




La bimba, ferita ante tempo, ascoltava la nonna con la treccia sul capo fugare i fantasmi nell’afa di agosto:



Livorno, la vecchia, ode ancora
sferragliare l’anziano trenino.
Tra ali d’asfalto portava al mare
nonne e bambini, uomini e donne
seduti su legno,
tra odori di fumo tagliante l’azzurro.

Sentiero sassoso,
tra il verde dorato, ormai arso dal sole,
conduceva al ristoro:
sabbia rovente frescura di mare,
spuma all’arancia,

un pezzo di schiaccia salata e sabbiosa,
all’ombra odorante di legnosa cabina.



*




Mai ho visto una prima volta il mare, di pochi giorni mi posarono sull’onde.
Da allora stiamo assieme, a naso in su, a scrutare l’orizzonte, in compagnia dei venti in alta uniforme, dei cavalloni bianchi, dei temporali e della malinconica
pioggia sullo specchio acquoso di bonaccia.



Provò la ragazza, seduta sulla foglia
verde e frastagliata della favola,
a fuggire con la fantasia dalla famiglia,
a volare sino al fuoco artificiale
che deflagra,
svelta afferrando, con scatto felino,
una fulgida fiamma
a rischiarare e scaldare l’antro cavo
del suo ventre.



Felice chi, perduto nell’amore, non conosce il mare,/e non gli importa della notte che cala sulle onde.(Teognide, versi 1375-1376)



*



Il libeccio si alzava per portare un amore innocente,
arroccato per ore sul vento, a vedere le intrepide
onde mangiare la spiaggia; nel fragore dello
scontro frontale, gocce salmastre baciavano i seni.



Stringono i nodi irrisolti dell’anima,
pungono i ricci la pianta dei piedi,

calpesto la spuma dell’onda
a lavare le ali;

sulla barca lascio, a ricordo,
una calza di seta

intrisa di me,
ma il moto continuo allenta la malinconia,
che attanaglia di sera le viscere;

monotono ritmo rilassa le membra,
consente una pausa all’animo scosso
da desideri sepolti, da memorie sfumate.

Nella culla dell’acqua si calma il malessere
in moto, che viene e va come fosse marea.



Non più quel tempo.Varcano ora il muro/ rapidi voli obliqui,la discesa/ di tutto non s’arresta e si confonde/ sulla proda scoscesa anche lo scoglio/ che ti portò primo sull’onde.( E.Montale)

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