martedì 3 aprile 2007

SESTO MARE



La bassa riva frastagliata d’insenature,/ tutte le vele fuggite in alto mare;/ asciugavo la mia treccia salina/ su un liscio scoglio lontano dalla terra. I pesci verdi si avvicinavano/ veniva il bianco gabbiano, ero insolente, prepotente e gaia/ e non sapevo d’essere felice. ( A. Achmàtova)



Lo spicchio d’acqua sprizza lucentezza,

nonostante il naufragio in mare aperto.

Correnti a limarla fanno a gara,

ma la zattera galleggia;

ignota, rimarrà al signore dei fondali,

sino a quando trainerà

la nassa intessuta con giunchi filiali.

*



“L’estate è arrivata!”: annunciava l’odore nell’aria.
Girava, girava la giornata solare, ballavano i gabbiani in cerchi larghi a nutrire col sale la neonata, nella casa che vide bambina la mamma. L’estate erano sassi dagli occhi nerastri levigati dall’onde. L’estate erano chiacchiere…



“In ogni autentica creazione c’è sempre qualcosa che Borges
direbbe in fuga, perché in fuga verso spazi indicati ma non esplicitati dalla scrittura: e qui sta in parte il motivo per cui nessun autore connoterebbe la propria opera come definitiva. ( M. Corti)

Se il logos, come dice la parola, ha bisogno di verbalizzarsi, di farsi linguaggio per manifestarsi, farsi riconoscere, per il logos della poesia, intesa in senso lato, forse dovremmo accontentarci – ma poi è veramente un accontentarsi? – del suo specifico linguaggio che non è quello della pura e univoca razionalità. Questo può sembra re un paradosso ma forse la poesia vuol dirci proprio che esiste una dimensione del vero non percepibile attraverso i puri strumenti razionali, una dimensione o, meglio, un ambito pluridimensionale, in cui possono coesistere termini opposti e contraddittori che l’esperienza del vivere registra e che l’ astrazione filosofico - scientifica tende a riportare a univocità – e tutt’al più a dialettica linearità – spesso attra verso una forzosa riduzione. Unità e pluralità, stasi e divenire, universalità e individualità, costrizione e libertà, arbitrio e necessità appaiono a chi sperimenta la poesia e l’arte binomi di un elenco che può continuare. (N. Paolini Giachery)

Chi oserebbe, chi potrebbe avere la presunzione di parlare di una “poetica”? È già molto se uno riesce a capire il funzionamento di una molla o due del suo organismo e a farle scattare quando gli servono, per uso e consumo. (M.Guidacci)

La parola … serve per uscire dalla realtà, non per starci o entrarci. Penetrare la realtà per spaccarla e farne uscire i pezzi pieni di significato in essa nascosti.
La verità del profeta, come del poeta, sta nella sua capacità di stare e di entrare nel mondo della sua carne, nel mondo che nella sua carne si è concretizzato.
La carne, il corpo, e il suo spirito, l’ombra. E il colloquio del corpo con la sua ombra. Non altri che il corpo può fare l’ombra che gli appartiene, individuo anch’essa! ( M. Murzi)



*

Nel buio, del blu tendente al verde, seguivo
il ritmo.

A seconda del suono del suono,
viravo o muta
rimanevo ad ascoltare.

Ad emularne le mosse mi ritrovai incosciente.

Un faro e la luna a baciarsi nel buio
e via tra i flutti a rotolarsi le gocce.

*

Il presente imbrunisce
il passato, appassisce
l’infanzia, indebolisce
i ricordi,

scalo montagne,
sciolgo ghiacciai,
ancoro oceani,

d’un tratto,
un banco di nebbia
indebolisce la luce;
esitante trapasso
foschia, strattono
arbusti, attraverso
paludi,

il futuro arretra ,
sguscia, scivola,
discolo indietreggia ,

assisa su schiuma
sospesa dal suolo,
attendo schiarisca,
e si scopra.

*

In fieri muovevi
- in acqua di ventre di donna -
muta, tra pieghe carnali,
ricoperta da musica stoffa,
negai orba, il tuo esistere
- prima che il gallo cantasse -
nelle mie viscere calde,
alle mense serali imbandite
da atipici ritmi, dove
rapita ascoltavo le voci,
- flauto d’emozione vibrante -
mentre tacita stavi in attesa
racchiusa, nel libro dei miei,
nella loro tragica morte;
distratta, ti nutrivo con storie
- narcotico rifugio ideale -
infarcite di brillanti arabeschi
tratte da novelle orientali
con idiomi diversi,
mentre nel chiuso vivevi
- acino in legno di rovere -
silente, scartando la voce
che ora balbetta all’aperto.





E avrà senso la morte/ e la vita – comunque la si viva -/ purché io senta ancora se soltanto/ in me fuori di me si gonfi l’onda/ la strofica onda marina/ destinata a disfarsi sulla riva.
( G. Lete)

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