mercoledì 4 aprile 2007

QUARTO MARE



Come il tuo mare l’anima si espande/ e si restringe e si raggrinza. E mostra/ ogni tanto i segreti del fondo./ Poi la valanga d’acqua li ricopre. ( M.L. Spaziani)



La giornata sonnecchia,
rollano le navi alla fonda.

In un’ansa del seno marino
increspato da ipotesi, un bagnino
ripone il rastrello in attesa di tesi.

*

Sciolti i capelli alle onde

il barometro balla,

i gabbiani chiamano l’acqua,

il binocolo, appannato dal sale,

scruta l’evolversi:

dal mare ha appreso
a rispettare il vento.



Strattona il tramaglio il pescatore.

Sorda alla supplica, sguscia alla rete

la preda di carne pregiata.

Il pesce scompare lasciando la scena.

*

Un granchio saggia lo scoglio
a guadagnare la spiaggia:
il risultato non è garantito.


Impassibile, il mare sottostante schiuma.


Suoni stranieri,
rumati dai secoli
in un unico infuso,
danno tono alla voce
dell’isola;

Apolide pietra
spugnosa, inglobo
promiscue grafie
fumanti d’inchiostro;

Foresta, libro nell’aria
malinconica nenia
in sintesi estrema
con il mio essere isola.

*



Cosa dunque definisce l’isola? È il mare, amico, con la sua eterna e molteplice instabilità, con il suo universale ambivalente canto di vita e di morte, con il suo essere strada e ostacolo, mezzo e fine.È il mare, matrice inesauribile d’ogni forma, plasmatore e trasformatore d’ogni sostanza, stupefacente respiro d’ un pianeta, capace di accarezzare e di colpire come un maglio, di bisbigliare e di urlare, di ridere e di gemere. Dipende da come sappiamo navigare, il nostro andar per isole. Esso esige dal navigante d’oggi, come dagli antichi, riti propiziatori, offerte votive, poiché Nettuno trascorre sempre con eguale impeto il suo liquido regno e il tridente percuote i flutti con uguale vigore, né il suo potere è mutato nei millenni.(G. Racheli)

“ Ma lo sai cos’è il mare, Vuriotis?
È la libertà. E la libertà è il mare”.
Poi infilò la testa nell’acqua e scomparve sotto la superficie.
“Vuriotis, siamo liberi” continuò.
“ Liberi”, replicò Vuriotis.

E si riempì il cavo della mano di sole mescolato all’acqua di mare.(Valetas)



*

Acqua di cielo sposa acqua di mare.
Un lampo e un tuono.
Tacciono gli attori secondari
davanti ai primi attori.


Tra le rocce spigolose e impervie,
dove s’ergono fiere le fortezze,
si diletta tramontana
a rufolare tra mura e gradinate;

poco serve al vento esperto
per allestire scenografia efficace
a navi, pescherecci e bastimenti
che danzano su grintose mareggiate
al ritmo di cozzanti ferri e tonfi sordi,

suono vaginale
per chi da gemma a frutto
è maturato in terra isolata per natura.

*

Cigola l’ormeggio legnoso,

scricchiolano i nodi al molo di grecale

investito dai vortici a spirale.


Un vecchio ricovera
in tepore familiare,
tempera un toscano mentre aspetta
a riprendersi il suo mare,

ed io, abile maestro muratore di tramezzi
d’emergenza

come mio padre
sul ponte di comando
in pieno oceano,

divento acciaio di nervi
per domare i banchi d’acqua
che si schiantano
sulle paratie della vecchia petroliera.




Infuria il vento/ sopra le dune,/ e l’erba selvaggia incrostata di sale/ risponde. (H.D)

Nessun commento: